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- Venezia, l’irruzione dei “serenissimi”: quando otto veneti occuparono il campanileby Francesco Jori on 23 October 2024 at 14:50
Sono otto “signor nessuno” che vengono dalla profonda campagna veneta, ma arrampicandosi in cima al “paròn” - come i veneziani chiamano il campanile di San Marco - ottengono di farsi vedere dal mondo intero. È l’inizio della mattina di venerdì 9 maggio 1997, quando rimbalza a livello planetario la clamorosa notizia che, nel corso della notte, un gruppetto di assaltatori ha espugnato gli oltre 98 metri di uno dei simboli più noti di Venezia; peraltro venendone sfrattato una manciata di ore dopo dagli uomini del Gis, il Gruppo intervento speciale dei carabinieri. Comunque un gesto eclatante, messo in atto a ridosso del 12 maggio, duecentesimo anniversario della rovinosa caduta della Serenissima. Riproponendo così nel più fragoroso dei modi un tema antico, quello dell’autonomia: tuttora inevaso, una sorta di versione istituzionale della mitica storia del sior Intento («che dura tanto tempo, che mai no ea se destriga…»). Arrembaggio via ferry boat [[ge:gnn:nuovavenezia:14744178]] Fosse accaduto a febbraio, il rischio era di scambiarlo per una genialata inserita nel calendario del Carnevale veneziano. Tutto comincia con un vecchio autocarro mascherato da blindato, e ribattezzato alla veneta “tanko”, con tanto di intitolazione a uno dei più illustri personaggi della storia di Venezia, Marcantonio Bragadin.A Carnevale, appunto, l’avrebbero preso per un carro allegorico. Ma anche fuori stagione, e malgrado i suoi occupanti indossino tute mimetiche e uno imbracci perfino un mitra (peraltro un catorcio di residuato bellico), verso mezzanotte quel catafalco riesce ad arrivare al Tronchetto e a salire a bordo del traghetto Actv diretto al Lido.Pochi minuti dopo, la svolta: al comandante viene intimato di dirottare il mezzo, con approdo a piazza San Marco. Qui il tanko sbarca, un gruppo sfonda la porta del campanile e sale alla cella campanaria, issando la bandiera granata col leone alato. Con sé, gli incursori hanno viveri per qualche giorno: l’intenzione è di occupare la postazione fino al 12, giorno dell’anniversario della morte della Serenissima. Identikit di un serenissimo [[ge:gnn:nuovavenezia:14744179]] Gli otto sono Gilberto Buson, Cristian e Flavio Contin, Antonio Barison, Luca Peroni, Moreno Menini, Fausto Faccia e Andrea Viviani. In realtà dovrebbe esserci anche il nono uomo, Bepìn Segato, destinato a entrare in scena a latere, nella veste di ambasciatore con la controparte italiana; solo che per motivi mai chiariti davvero sbaglia i tempi e non si presenta. La notte è animata, arriva anche il sindaco di allora, Massimo Cacciari, che tenta invano di convincere gli incursori ad abbandonare la postazione.Ci pensa la forza pubblica, sul far del giorno: alle 8 e un quarto una pattuglia di carabinieri scelti sale nel campanile e provvede allo sgombero. L’eco è immediata, e fa il giro del globo: la notizia occupa le aperture dei tg di mezzo mondo, e il giorno dopo conquista le prime pagine dei quotidiani. Il primo impatto si colora anche di toni tragicomici: qualcuno parla di “brigata mona”, il Bossi lider maximo della Lega arriva perfino a ipotizzare la mano dei servizi segreti; poi gli fanno capire che rischia una figura da peracottaro, e vira sulla solidarietà. Un gesto clamoroso, dunque, che viene da lontano: nelle motivazioni come nella preparazione. Quest’ultima parte addirittura una decina di anni prima: il 25 gennaio 1987 viene tenuto a battesimo il Veneto Serenissimo Governo, rivendicando l’indipendenza degli eredi della Serenissima; poco dopo si mette mano all’allestimento del “tanko”, tenuto a collaudo del tutto indisturbato per giorni e giorni nella campagna veneta, senza che nessuno ci badi. Il salto di qualità si verifica il 15 settembre 1996, in un congresso tenuto a Casale Scodosia, nella Bassa Padovana: è lì che si decide l’assalto a San Marco; ed è lì che viene messa a punto una “Dichiarazione di indipendenza” lanciata pubblicamente e fragorosamente la sera del 17 marzo 1997, con una clamorosa interferenza nel Tg1 delle 20: incursione reiterata diverse volte nei giorni successivi.Infine, il gesto dell’8 maggio, al quale il mondo politico reagisce con un autentico pellegrinaggio in loco di leader nazionali di tutti i partiti. Le reazioni e le conseguenze [[ge:gnn:nuovavenezia:14744183]] Corale è la promessa: il Veneto avrà l’autonomia che rivendica, senza strappi con lo Stato. Si associano le categorie economiche, il sindacato, le forze sociali, la stessa Chiesa: i settimanali diocesani del Nord Est escono con un fondo comune dal titolo “Dateci il federalismo, o sul campanile ci saliremo noi”.Quasi quarant’anni dopo, come dimostra in queste settimane la contorta vicenda dell’autonomia, tutto e tutti sono rimasti dov’erano: i politici nelle loro casematte romane, gli imprenditori e i sindacalisti nelle loro roccaforti, i preti nelle loro sacrestie. Sta di fatto che in una manciata di ore quegli otto “serenissimi” (come vengono quasi subito ribattezzati) riescono a mobilitare molta più attenzione sulla “questione veneta” di quanto non sia riuscita a ottenere la stessa Lega in una ventina d’anni di presenza politica.Pochi mesi prima, nel settembre 1996, in particolare, si è risolta in una sostanziale farsa la “marcia sul Po” indetta da Bossi per tre giorni, dalle sorgenti sul Monviso alle foci in Adriatico; con epilogo a Venezia, in Riva degli Schiavoni, da cui il Grande Capo leghista ha proclamato l’indipendenza della Padania con tanto di contorno folkloristico (bozza di Costituzione, bandiera verde col sole celtico, varo della lira padana…), lanciando allo Stato l’ultimatum di un anno di tempo per trattare. Si rivelerà il classico penultimatum: chiaramente a vuoto.La giustizia farà il suo corso con gli assaltatori, inizialmente accusati di attentato contro l’unità dello Stato e banda armata: imputazioni via via ridimensionate strada facendo, con due sole condanne: Luigi Faccia, cinque anni e tre mesi in quanto presidente del Veneto Serenissimo Governo e ritenuto organizzatore dell’operazione, pur non avendovi partecipato in prima persona; e Bepìn Segato, tre anni e sette mesi essendo stato considerato l’ideologo del gruppo (ammalatosi durante la detenzione, morirà nel 2006 poco dopo l’uscita dal carcere). Ma il loro, pur eclatante, va considerato solo come un passaggio di un percorso molto più lungo, che viene da lontano e che ancor oggi è tutt’altro che concluso. Le origini remote vanno collocate già all’indomani della caduta della Serenissima, quando il Veneto per anni diventa teatro di guerra con protagonisti francesi e austriaci, prima di passare definitivamente sotto gli Asburgo. Un secolo e mezzo di “barufe” [[ge:gnn:nuovavenezia:14744184]] Il plebiscito del 1866 che porta all’ingresso nel neonato Regno d’Italia viene vissuto come una truffa; e trova sponda nelle campagne della regione, dove circola un’eloquente filastrocca: «Co San Marco comandava / se disnava e se senava; / soto Franza, brava gente / se disnava solamente; / soto casa de Lorena / non se disna e no se sena; / soto casa de Savoia / de magnare te gà voja». È da allora praticamente che si apre una partita, oggi più che mai in sospeso, per ottenere un’autonomia che per ora rimane una chimera. Già nel 1919 un politico veneziano di primissimo piano, Luigi Luzzatti, segnala all’allora presidente del Consiglio Vittorio Emanuele Orlando il rischio di “un’Irlanda veneta” (a Dublino un parlamento autoproclamato dal Sinn Féin ha deliberato il distacco da Londra).Negli stessi anni il prefetto di Treviso comunica al ministero dell’Interno la possibilità che nella Marca nasca un movimento separatista tendente a staccare il Veneto dall’Italia. E il parlamentare trevigiano Guido Bergamo, medico radiologo e decorato della Grande guerra, deputato repubblicano per tre legislature, scrive testualmente che «il governo centrale di Roma, questo governo di filibustieri, di ladri e camorristi organizzati, non si accorgerà di noi se non ci decideremo a far da noi”. Ed esorta i veneti: «Non paghiamo le tasse, non riconosciamo il governo centrale di Roma, cacciamo via i prefetti, tratteniamo l’ammontare delle imposte dirette nel Veneto».Sono solo tappe di una lunghissima storia che non approda a risultati concreti soprattutto per le spaccature interne al mondo dell’autonomismo veneto, che investono la stessa Liga, nata a inizio anni Ottanta e arrivata a sorpresa in Parlamento già nel 1983. Una decina d’anni dopo, nel 1994, il veronese Licio Formigari, firmandosi con lo pseudonimo di Gustin Bartoldo (fucilato nel 1809 durante i moti antinapoleonici), denuncia nel libro “Kustion veneta” l’esistenza in regione di almeno otto formazioni autonomiste o indipendentiste, parlando di un «sostanziale infantilismo politico, talvolta anche integralista»; e a proposito dei vari movimenti sorti in dissenso con la Lega Nord e la stessa Liga Veneta, li accusa di aver prodotto «un pastone di proposte o pseudo-idee che rischia di provocare solo un’ondata qualunquistica destinata a finire in nulla, rafforzando il sistema vigente». Un limite del resto individuato fin da fine Ottocento da un fervente sostenitore della causa autonomista, il trevigiano Pierluigi Mozzetti, il quale sosteneva amaramente che i veneti non avrebbero mai portato a casa risultati concreti nella trattativa con Roma a causa di quelle che chiamava «barufe in famegia», eredi delle celeberrime “barufe chiozòte” di Goldoni. Così che oggi, quasi quarant’anni dopo la provocazione dei “serenissimi”, il Veneto che inutilmente reclama autonomia ricorda un altro mitico personaggio goldoniano: sior Todaro brontolon.
- In libreria l’ultima indagine dell’ispettore Stuckyby Nicolò Menniti-Ippolito on 23 October 2024 at 14:20
- Mafie, Cecchettin, strage del bus: il bilancio del procuratore Cherchi che va in pensioneby Roberta De Rossi on 23 October 2024 at 14:01
Il capo della Procura di Venezia prossimo a lasciare la magistratura dopo 46 anni: «Veneto infiltrato dalle organizzazioni mafiose, abbiamo svelato un sistema». E sulla violenza di genere: «Purtroppo i femminicidi continuano, nonostante il Codice Rosso»
- Parto gemellare naturale con sorpresa: Mattia nasce con la camicia, ecco cosa significaon 23 October 2024 at 13:04
- Mestre, ancora spaccate in centro. L’esasperazione della titolare: «E’ la quarta volta»by Marta Artico on 23 October 2024 at 11:53
Ennesima spaccata in centro, questa volta nel mirino del malvivente incappucciato, è finito Hair Beauty Italia, il grande e lungo negozio che se ne sta proprio in calle Battisti, di fronte al Toniolo, le cui vetrine confinano con Fermenti. L’episodio, è avvenuto attorno alle cinque del mattino di martedì 22 ottobre, quando è scattato l’allarme che ha svegliato mezza piazza e gli abitanti del condominio di fronte hanno chiamato la titolare. Un giovane incappucciato ha preso il pozzetto che si trova proprio all’angolo, a due passi dal negozio, e con un unico lancio tirato con forza, ha divelto l’intera porta di vetro del negozio. Il tutto per rubare un pc e il fondo cassa, poche decine di euro, visto che nessuno lascia più denaro nel registratore di questi tempi. A quel punto, la porta piegata a terra, è scappato via prima dell’arrivo delle forze dell’ordine, giunte in pochi minuti. Quando è giunto il proprietario, il pozzetto era ancora per terra. Gli operai che hanno installato la porta provvisoria, la stessa utilizzata quattro anni fa, dopo aver subito un’altra spaccata, hanno anche fissato il pozzetto. Eppure, come avvenuto sia al Lupo Nero, poco distante, che al bar Serena, dall’altra parte di via Poerio, sembra che i tombini di questi tempi vadano a ruba in centro città. La videosorveglianza ha ripreso la spaccata, con tanto di tiro del pozzetto. «Adesso installeremo le saracinesche» spiegano dal negozio «questa è la quarta volta che vengono, oramai ci hanno preso di mira. Ma si tratta di bande diverse, non degli stessi, e quello della notte scorsa, era da solo e incappucciato». Come sempre, è più il danno della beffa: la mattinata è andata via per pulire vetri, rimettete in ordine, controllare se mancava qualche cosa, installare la porta provvisoria, fissare il pozzetto. Visionare i filmati e sporgere denuncia. Nel negozio di fronte, la titolare ha installato una sorta di sbarra, per impedire che qualcuno possa forzare con un piede di porco le saracinesche. Eppure sembra che nulla riesca a far desistere ladri e malviventi, che tentano il colpo per scambiare quanto rubato con qualche dose di droga. «Questa è l'ennesima vetrina spaccata in centro, e stiamo parlando di una vetrina distrutta ogni notte negli ultimi 30 giorni» scrive Emilia Fornaroli, titolare di Zooplanet «Ma nessuno ne parla, sindaco in primis. Non vedo suoi post su quanto sta succedendo in centro città. Il centro non merita né video ne selfie, il centro non merita sicurezza. Il problema non va spostato dalla periferia al centro, il problema va risolto. È inaccettabile questa situazione, è una vergogna». Il bar Italiana Caffè di piazzale Candiani è stato colpito dai ladri ben cinque volte. «Solo a luglio sono entrati due volte» spiegano. «Sono drogati, scassinano, spaccano, si introducono all’interno, rubano il fondo cassa e son contenti. Ma noi abbiamo dovuto rifare tutta la porta d’ingresso e adesso fissare anche una delle finestre in alto, da dove si sono introdotti all’interno». Il negozio della Sisley, in galleria Barcella, ha ancora il nastro bianco e rosso fuori da una delle grandi vetrate, sfondata in estate. C’è chi segnala, chi è stufo. Chi non dice nulla e nel frattempo investe in sistemi di controllo, saracinesche, videocamere, security. Da Chocolat hanno rubato dolci e bottiglie, ai Fratelli La Bufala fatto incetta di quello che hanno trovato. Se va bene si portano via la cassa, i tablet, i palmare delle ordinazioni. «Siamo a 31 spaccate» dice un commerciante «dire che la situazione è sufficientemente grave».
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Sabato 26 ottobre, alle ore 17.30 presso la fumetteria Multiverse Comix, la presentazione di Vene[...]
- A Tombelle inizia la 23esima edizione della rassegna teatrale “Ne vedremo delle belle”on 23 October 2024 at 15:58
Si inizia sabato 2 novembre con la compagnia Trentamicidellarte e lo spettacolo “Di male in meglio”, una commedia brillante in dialetto veneto di Giuseppe Aronne con la regia di Gianni Rossi
- In scena al Teatro del Parco lo spettacolo per i più piccoli "Chi ha paura dei denti di ferro?"on 23 October 2024 at 15:57
Secondo spettacolo in cartellone al Teatro del Parco per "Domenica a Teatro 2024/25", la rassegna d[...]
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Torna “Fortenebra” a Forte Marghera il 26 e il 27 ottobre: due giornata, a cura di VeneziaComi[...]
- Gestione dei conflitti, aggressività, violenza. La proposta di Città Educante 2024 a Doloon 23 October 2024 at 15:00
Tre appuntamenti il 7 e 28 novembre e il 9 gennaio con il centro Psico Pedagogico (Cpp) diretto da Daniele Novara. Bergo: «La cronaca mostra spesso adulti che non sanno gestire le emozioni e ragazzi che agiscono con modalità aggressive»